Intervista a Marco Deambrogio
Ho avuto il piacere di intervistare Marco Deambrogio, viaggiatore solitario e scrittore, che sarà ospite alla Fiera delle Grazie domenica 17 agosto 2014 alle ore 17.00 per una conversazione sul tema “Il viaggio: ritrovarsi e incontrare Dio”.
Marco da 14 anni vive di viaggi e di avventura. Tra le sue imprese più note, il giro del mondo in moto percorrendo 57.000 chilometri in solitaria, il viaggio da Milano a Kabul in tempo di guerra per portare aiuti umanitari per Emergency e la via della seta da Venezia a Pechino sempre in motocicletta. Ma è stato anche nelle foreste dell’Africa, nei deserti australi, ha attraversato l’Alaska da nord a sud, raggiunto il Polo Nord con gli sci, attraversato a piedi la foresta pluviale della Nuova Guinea, è stato in Siria, in Medioriente, in Cecenia e nelle repubbliche caucasiche. Di recente ha percorso il Cammino di Santiago de Compostela a piedi partendo da Saint-Jean-Pied-de-Port e il pellegrinaggio sulla Via Francigena fino a Roma in bici.
È autore di vari libri in cui ha raccontato queste sue straordinarie esperienze.
Fino al 2000 hai avuto una vita “normale” e lavoravi come libero professionista, poi hai deciso di cambiare, di provare a vivere di avventura e sei partito per numerosi viaggi intorno al mondo. Cos’è che ha fatto scoccare la scintilla e che ti ha portato a questo cambiamento radicale?
Credo che sia una questione di dna, io fin da ragazzino ho sempre avuto la passione per il viaggio, leggevo solo romanzi d’avventura. Da bambino mi immaginavo di girare il mondo da solo come un avventuriero. Per cui quello che ha fatto scattare la scintilla è il fatto che mi sono reso conto che non ero più felice della vita che stavo facendo e ho deciso, dall’oggi al domani, di cambiare radicalmente la mia vita e di seguire i miei sogni. Non c’è stato un vero elemento scatenante, è stato un concatenarsi di emozioni che mi hanno portato a seguire il mio cuore. Io nel 2000 avevo un lavoro normale come tanti altri, facevo il rappresentante, però il mio sogno nel cassetto era quello di fare il giro del mondo il moto. Io tra l’altro non ero un motociclista, non ero un esperto di motori, non avevo nessuna nozione meccanica, avevo solo fatto dei brevi giri sulle colline del Monferrato.
Che cos’è quindi per te il viaggio? Cosa rappresenta?
E’ un elemento di libertà e di evasione. Mi piace il fatto di incontrare persone nuove e culture nuove che possono allargare i miei orizzonti. Se 14 anni fa fossi rimasto al mio posto, col mio lavoro e le mie apparenti sicurezze mi sarei perso una parte importante del cammino della vita di un uomo. Il viaggio ti apre nuovi orizzonti culturali, mentali, spirituali, per cui c’è stato anche un grande cambiamento che mi ha portato dal viaggio al pellegrinaggio.
Come scegli le mete dei tuoi viaggi? E come ti organizzi una volta scelta la meta?
Nascono all’improvviso, non ci sono grossi preparativi. Ad esempio quando sono andato in Afghanistan in moto nel 2002, in tempo di guerra, per portare aiuti umanitari per Emergency la decisione è nata mentre una sera stavo guardando il telegiornale e Mentana stava parlando dei bombardamenti.
I viaggi nascono così, all’improvviso, sono una sorta di segnali. Io credo che le nostre vite siano disseminate di segnali, che a volte facciamo finta di non ascoltare; io invece ho sempre ascoltato il mio cuore. Quando mi arrivano questi segnali di cambiamento, di voglia di partire, mi butto e affronto sempre ogni esperienza con grande ottimismo.
Il messaggio che mi sento di dare è di seguire il proprio cuore, di non farsi ingabbiare dalla razionalità del nostro cervello che ci vuole fare rimanere al nostro posto di fianco alle nostre apparenti sicurezze.
Anche se non sempre è facile uscire dalla propria “comfort zone”.
Anche a me a volte capita di rimanere un po’ nella mia comfort zone, però sono stato via 14 anni della mia vita e a volte sento anche l’esigenza dell’immobilità. La felicità non deve sempre per forza essere rincorsa in esperienze straordinarie, in viaggi lunghi mesi o anni. A volte la felicità si trova anche dentro noi stessi.
Infatti, come dici nel libro Le Tre Vie della Vita – Il Mio Cammino di Santiago, “Il pellegrinaggio non è un viaggio come gli altri, è un percorso spirituale, una a sorta di cammino interiore che corre in parallelo al tragitto che si compie fisicamente”. Come ti hanno cambiato e cosa ti hanno lasciato, a livello interiore, i due pellegrinaggi che hai fatto, uno a piedi e uno in bici?
Dopo tanta adrenalina sentivo l’esigenza di rallentare. Andando a piedi o in bicicletta si ha modo di guardarsi dentro in maniera più approfondita. Siamo troppo presi nel vortice del business, del consumismo, del voler fare tremila cose contemporaneamente. Il fatto anche solo di camminare o di pedalare su una vecchia bicicletta ti da modo di scoprire delle cose nel tuo io più profondo che vengono a galla solo se se riesci a ritagliarti uno spazio tutto tuo.
A proposito di business, oggi viviamo in un mondo sempre più frenetico e connesso, in cui diventa quasi più importante condividere sul web quello che si sta facendo, piuttosto che assaporarne le emozioni, ma tu nei tuoi viaggi sei spesso partito spegnendo il telefono, senza internet e GPS. A cosa è dovuta questa scelta?
Ho un rapporto di odio e amore con la tecnologia, la uso con le pinze e se posso ne faccio a meno. A casa non ho internet e non ho il telefonino che fa le fotografie. Il fatto di condividere in modo “usa e getta” i propri momenti di felicità non mi appartiene. Io preferisco tornare da un’esperienza, far decantare le emozioni e piano piano, poi tirarle fuori, riguardando foto e video e raccontandole nei miei libri.
Negli ultimi 14 anni hai vissuto tante emozioni differenti durante i tuoi viaggi. Ce n’è una in particolare che ti porterai sempre dentro?
Tra tutti, il viaggio che mi ha cambiato radicalmente come uomo è stato il viaggio in Afghanistan, che ho fatto in moto, da solo, in tempo di guerra. Vedere la guerra in televisione o leggerne sui giornali fa un effetto, ma viverla e respirarla negli odori, nel rischio, nel pericolo di morire, nella paura di non poter tornare dalla propria famiglia è un’altra cosa. Io non avevo mai visto la guerra con i miei occhi, non avevo mai visto da vicino gli effetti devastanti della guerra sulle popolazioni, sui civili e sui bambini. Andare in Afghanistan da solo è stata un’esperienza fortissima, volevo vedere con i miei occhi cosa succedeva, farmi un’idea. Lì mi sono accorto di aver azzardato un po’. Quando sono arrivato alla base di guerra di Bagram, gli stessi militari non credevano al fatto che ero riuscito ad attraversare l’Afghanistan in moto.
Vivere di persona esperienze di questo tipo ti porta poi a vedere in modo diverso le cose, ti fa pensare in modo diverso alla vita, ti fa apprezzare anche le piccole cose quotidiane.
Assolutamente. Io dopo aver vissuto questa esperienza 10 anni fa, ho smesso di lamentarmi e apprezzo molto di più ciò che ho. Le nostre generazioni hanno una grande fortuna: viviamo in una zona di pace, abbiamo tutto e a volte ci lamentiamo per delle cazzate.
Nei viaggi possono capitare degli imprevisti. Qual è stato il momento più duro durante i tuoi viaggi, quello dove te la sei vista veramente brutta?
Quando sono stato sequestrato dalla guerriglia colombiana è stato uno degli episodi più forti, perché quando ho attraversato io la Colombia, era il periodo in cui i guerriglieri dell’ELN, l’Esercito di Liberazione Nazionale, ti sequestravano, ti uccidevano e a volte non rendevano neppure i corpi.
Questo era sicuramente il più pericoloso. Poi recentemente sono stato in Cecenia a Groznyj e anche lì è stato un momento molto forte. Pensa che quando sono andato in Cecenia, Nicolai Lilin, di cui sono molto amico, l’autore di “Educazione siberiana” ed ex cecchino dell’esercito russo che ha combattuto in Cecenia, ogni giorno andava ad accendermi un cero nella chiesa ortodossa di Milano perché quella che ho attraversato è una delle zone più pericolose.
E qual è stato invece il momento più bello?
Il momento più bello era ogni singolo giorno che ho vissuto in questi ultimi 14 anni. Ogni volta che mi svegliavo era una rinascita perché ogni giorno vedevo qualcosa di nuovo, facevo qualcosa di nuovo. Ho visto tante cose belle che magari ci vorrebbero venti vite di una persona per poterle vedere tutte e mi ritengo fortunato di tornare e poterle raccontare.
Hai fatto tanti viaggi con mezzi diversi. In moto hai fatto il giro del mondo in solitaria, hai raggiunto l’Afghanistan in tempo di guerra per Emergency, hai percorso l’antica via della seta da Venezia a Pechino; hai attraversato a piedi la foresta pluviale della Nuova Guinea, hai raggiunto con gli sci il Polo Nord, hai effettuato due pellegrinaggi, uno a piedi sulla Via di Santiago e uno in bici sulla Via Francigena.
Che differenza c’è, a livello emotivo, tra un viaggio in moto, uno in auto, uno in bici, uno a piedi? E c’è un mezzo di spostamento che preferisci?
Sicuramente con la moto ho tuttora un affetto particolare perché mi da un grande senso di libertà. Però io sono sempre stato una persona curiosa e l’idea di cambiare il mezzo di locomozione è un modo per vivere un’esperienza diversa. Sono curioso di provare anche cosa si prova a stare tutto il giorno su una macchina, piuttosto che in sella a una bicicletta, sugli sci o a piedi. Non mi annoio mai, sono curioso, ho sempre voglia di cambiare. Potrei fare un viaggio con qualsiasi mezzo di locomozione. Siccome questi messaggi di partenza mi capitano in modo così improvviso, spesso non ho neppure il tempo di organizzare più di tanto. Come quando ho deciso di partire per Roma lungo la via Francigena, ho preso la bici di mio zio e sono partito, senza allenamento.
Dopo i due pellegrinaggi della Via di Santiago e della Via Francigena, ora ti manca solo la Terza Via del Cristianesimo, quella che porta a Gerusalemme. Ti è già arrivato un “segnale” per partire?
Il segnale c’è già stato e dovevo partire ai primi di luglio 2014. Purtroppo per via del conflitto nella Striscia di Gaza al momento il progetto è in stand-by e appena si calmeranno le acque partirò, anche se non so ancora con che mezzo. Sicuramente la terza via è il completamento anche della trilogia di libri che chiude la mia esperienza di pellegrino nei luoghi sacri del Cristianesimo.
Riccardo Perini
PS: in questa foto io e Marco Deambrogio alla Fiera delle Grazie 2014
Scritto da: Riccardo Perini - MantovaNotizie.com
Data: 12 Agosto 2014
Categoria: Cronaca