mostra Trionfo del Colore Mantova 2019Il “Movimento Arte del XXI Secolo” di Savona ha organizzato alla Galleria Arianna Sartori di Mantova, nella sala di via Ippolito Nievo 10, la mostra “Il trionfo del colore”.

L’evento culturale si articola in una doppia esposizione: la mostra personale dell’artista Silvio Franzini e la mostra collettiva con dipinti e sculture degli artisti Franca Bandera, Alberto Besson, Milvia Bortoluzzi, Eleonora Brianese, Angelo Conte, Bruno Gabrieli, Gianguido Pastorello.

La mostra sarà inaugurata sabato 7 dicembre 2019 alle ore 17.00 con intervento del curatore il critico Prof. Aldo Maria Pero, e resterà aperta la pubblico fino al 23 dicembre 2019.

Date: dal 7 dicembre al 23 dicembre 2019.
Orario di apertura: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Domenica e Festivi 15.30-19.00.
Informazioni: Tel. 0376.324260 – info@ariannasartori.191.it

IL TRIONFO DEL COLORE di Prof. Aldo Maria Pero
“Il Movimento Arte del XXI Secolo espone per la prima volta in una città d’arte importante come Mantova affidandosi alle cure di Arianna Sartori, titolare dell’omonima storica Galleria. La manifestazione è imperniata sulla personale del parmense Silvio Franzini e sulla collettiva che espone le opere di altri sette artisti, che vanno dalla quasi esordiente Eleonora Brianese alla veterana Milvia Bortoluzzi. Il titolo, quasi pleonastico dal momento che la pittura nasce dalla sintesi di forma e colore, è stato suggerito da un’osservazione di Paul Gaugin, che in una lettera alla moglie esaltò i valori magici del colore, elemento fondanmentale della sua strenua applicazione pittorica. Ed il colore, quasi ad asseverazione del concetto che il francese aveva elaborato nei Mari del Sud, domina con essenziale funzione espressiva in quasi tutti i lavori che Arianna Sartori ha accolto nella sua Galleria. Si sottrae a questa omologazione cromatica solo il gruppo di sculture presentate dal valdostano Bruno Gabrieli che ha affidato le ragioni del suo lavoro al legno e alla pietra. Silvio Franzini pare l’erede dell’aporia monadologia che tormentò a lungo Gottfried Wilhelm von Leibniz e allo stesso tempo un campione del tipico artista pensatore, la cui storia è cominciata con Vasilij Kandinskij per proseguire con Mondrian e che non può ancora dirsi conclusa. Leibnitz, nel teorizzare l’individuo come una monade in sé conclusa e priva di rapporti con il fuori-di-sé, fu costretto ad affrontare il dubbio che, essendo l’artista per intima natura un comunicatore, doveva necessariamente trasmettere idee con il rischio di infrangere l’isolamento della sua solinga cellula esistenziale. Franzini pensa e dipinge, due attività collocate in tempi distinti, nell’ordine. Pensa alla circolarità del tempo che torna costantemente su se stesso per rivedere, ritoccare, reindividuare pensieri, immagini e colori. Se medita sullo spirito, progressivamente sposta il proprio interesse verso la non-figura perché le idee possiedono intensità sed non corpus, traduzione di San Tommaso da Aristotele. In questo caso Franzini si avvia verso l’astrazione, per lui un itinerario di spiritualizzazione che si deve necessariamente tradurre, nel proprio aspetto rappresentativo, in colori, colori-concetto. Su questa strada, come Leibnitz, giunge al punto di contraddizione: la necessità di far convivere idee immateriali con la loro trasposizione fisica su tela. Insomma, il pensiero dovrebbe scomparire per sottomettersi alle regole dell’astrazione e allo stesso tempo continuare ad esistere per consentire la sua rappresentazione. Meglio del filosofo tedesco, l’italiano riesce a risolvere il problema e ci riesce dipingendo su due piani, uno emergente a filo di tela con un tocco memore del puntillismo che sfolgora di ardenti cromie e l’altro che va celando nelle profondità della tela lacerti di figure che tentano dialetticamente di rivelare la propria presenza, fantasmi di lontani ricordi che talora sembrano richiamare le auree maschere dei sovrani di Micene.

Franca Bandera, un’artista mantovana di nobile tradizione espressiva, pone al centro della sua opera una complessa meditazione sulla situazione umana che si esprime attraverso una tavolozza scura e giunge sino alla deformazione dei tratti nelle sue sofferte figure umane. C’è in lei, insieme, la denuncia di un terribile status esistenziale e la pietas che gratificava certe eroine della tragedia greca.

Di Alberto Besson vale la pena di citare un giudizio di Vittorio Sgarbi: «Dovessimo rinvenire delle radici storiche, in Besson, le andremmo a cercare lungo un percorso che avrebbe per tappe obbligate, nella prima parte del novecento, Giacomo balla, Prampolini, Abstraction-Création, proseguendo nel dopoguerra attraverso esperienze in queste senso fondamentali quali il Movimento Arte Concreta o Forma 1. Ma non so fino a che punto un esercizio di questo genere fornirebbe apporti decisivi ai fini del corretto inquadramento critico di Besson…».

Milvia Bortoluzzi è una delle artiste venete più significative potendo vantare una lunga milizia in tre paralleli settori di attività che in linea di massima individuano altrettanti settori della sua pensosa applicazione artistica e che talora traducono il suo impegno figurativo in una preghiera, l’ora et labora, more benectino. Milvia Bortoluzzi è infatti autrice di un’abbondante produzione di acquerelli, dedicati con grazia delicata alle bellezze naturali; di oli nei quali emergono gli affetti familiari e importanti scorci paesaggistici; e di incisioni nelle quali ha riversato i suoi segreti pensieri e particolari momenti di intimità ponendo al servizio del bulino una tecnica raffinata.

Eleonora Brianese, figlia della Laguna veneziana, trasmette in un lavoro promettente, che attende ulteriori e maggiori prove, sentimenti delicati e un mondo di interessi nei quali si intuisce la curiosità dell’indagine e una notevole propensione a tradurli in sintesi espressive leggiadramente modulate.

Angelo Conte, parmense come Franzini, esprime il suo, possiamo dirlo?, furore artistico in tele complesse nelle quali si articola una grande profusione di simboli in un segno che, con notevole duttilità di accenti, di fa onirico, simbolista, espressionista. La sua è, sotto diversi aspetti, una pittura mitica. E il suo mito principale, ad onta della pretesa di Conte di essere autore di una pittura spontaneistica, quasi un calco della produzione automatica teorizzata da André Breton, è la scimmia ovvero un animale che qualche antropologo colloca quale fattore primigenio dell’umanità e che una ricca tradizione fabululistica di ascendenza orientale vuole protagonista del tradimento, della falsità, della menzogna.

Dalle forti mani di Bruno Gabrieli nascono opere straordinarie affidate al legno, alla pietra e al bronzo. Il suo lavoro risponde ad un’estetica creazionistica nel senso che, a parte i bronzi delle grandi opere pubbliche, il suo scalpello si muove alla ricerca dell’anima insita nel materiale che usa. A sentir lui, il suo intervento si limita ad individuare la forma, il capolavoro nascosto nell’oggetto grezzo che si pone dialetticamente di fronte a lui. Sotto certi aspetti non fa che ripetere quanto teorizzato da Michelangelo, che identificava nella scultura la pratica per eliminare il superfluo dal blocco di marmo. Di certo, si può dire che in Gabrieli c’è l’umiltà del creatore, che scopre e rispetta quanto di grande offre la natura perché lui, a differenza dei pittori, non la descrive, non la riproduce, ma la modifica direttamente.

Gianguido Pastorello, mantovano come Franca Bandera, vanta un’ispirazione classicheggiante, rivolta a reinventare in chiave contemporanea alcuni miti della cultura greca. La sua ricerca viene da lungi e si riferisce al primo compilatore di una sorta di enciclopedia della religione ellenica, Esiodo, che nel VII sec. a.C. fu autore de La Teogonia. In essa, e qui lasciamo la parola allo stesso Pastorello, «dedica un intero capitolo alle 51 Nereidi figlie del dio Nereo e della oceanina Doride. Queste benefiche divinità immortali, di impareggiabile bellezza e leggiadria, vivono in una grotta d’argento nelle profondità del mare e si preoccupano di calmare i venti impetuosi e le tempeste e di soccorrere gli uomini di mare in difficoltà o in pericolo. Le più note sono Anfitrite, che andando sposa a Poseidone diventa la regina del Mare, Teti che unendosi a Peleo diviene madre di Achille e Galatea, sposa di Aci, ma talmente bella che il ciclope Polifemo si innamora di lei»”.
(Prof. Aldo Maria Pero)




Scritto da: Arianna Sartori
Data: 4 Dicembre 2019
Categoria: Mostre


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